Ricomincio da me: L’identità delle scuole di seconda occasione Introduzione di Marco Rossi Doria
"Questo libro parla di ragazzi e ragazze italiane e stranieri che erano ai confini del sistema formativo pubblico perché socialmente e culturalmente deboli e perché la scuola ordinamentale non si è mostrata sempre in grado di gestirne le difficoltà e le sofferenze, spesso estreme. E descrive come - partendo da questo condizione di abbandono quasi o già attuato - hanno incontrato una seconda opportunità.Parla di seimila cinquecento novantuno ragazzi e ragazze del Nord, del Centro e del Sud, giovani persone in crescita appartenenti ad un esercito immenso di giovanissimi in condizione di fallimento precoce e di uscita dal sistema scolastico e formativo, che in questi ultimi anni hanno trovato una sponda adulta competente che si chiama scuola della seconda occasione.
Il drop-out. Ma che cosa è il drop-out , il cadere fuori da un sistema formativo prima di aver acquisito le competenze ei crediti previsti da quel percorso? In generale si riconosce che, in ogni contesto nazionale, esiste una quantità fisiologica o cronica di fuoriuscita precoce dai sistemi scolastici. Si riconosce, al contempo, un nesso tra il numero e l'età di chi non adempie all'obbligo formativo e il grado di sviluppo territoriale locale. È, in particolare, evidente una forte corrispondenza tra gli indicatori di esclusione sociale e culturale dei contesti territoriali - compresa la presenza di immigrazione recente e la condizione di svantaggio linguistico - e un numero alto di drop-out dalla scuola ad età precoce.
Le cause della persistenza del cadere fuori dai percorsi dell'obbligo - in primo luogo di quello precoce e considerato di maggiore gravità - oltre a mostrarsi legato alla povertà materiale ea fattori di esclusione culturale, appartengono anche alla mancata o insufficiente azione delle politiche pubbliche e di contrasto. Fanno infatti parte del largo menù delle cause del drop-out anche la crisi delle cornici educative tradizionali, comunitarie e familiari, e il perdurare di politiche di welfare povere di offerta. In particolare, il mancato uso di dispositivi e di risorse, oltre che la difesa di procedure centralistiche e eccessivamente burocratizzate entro le politiche di welfare, rendono persistente questo fenomeno soprattutto nelle aree considerate meno avanzate, laddove sono conservate sacche significative di sottosviluppo e di vecchia povertà.
Una causa ulteriore è poi individuata nelle frequenti rigidità delle scuole, restie ad adottare metodologie e modalità organizzative differenziate secondo il principio della discriminazione positiva. Le scuole rappresentano infatti spesso una concausa del drop-out quando sono poco flessibili o un basso livello di tolleranza nell'impostazione dell'azione didattica, degli orari e della gestione delle capacità personali di attenzione di bambini e adolescenti in difficoltà. Questo ha luogo in nome della standardizzazione dei processi di apprendimento che, nei fatti, vieta percorsi anche differenziati e individualizzati. In breve: la scuola “per tutti” che non riesce a essere, al contempo, “per ciascuno” aiuta spesso a creare drop-out.Le scuole sono concausa del cadere fuori anche quando non danno ai loro bambini e ai loro limiti e regole attraverso la cura della condivisione degli obiettivi e la promozione di una più forte partecipazione dei ragazzi stessi, quando sono sorde alla possibilità di costruire patti educativi tra scuola e famiglia, insensibili a forme di ritrovata ritualità comunitaria e rigidamente connotate dalla conservazione della frontalità delle lezioni, che relegano la laboratorialità fuori dalla didattica curriculare nell'ambito della sola particolarità o dell'eccezionalità.
Al contempo, si registra che, molto spesso e quasi in ogni nazione, la disaffezione alla scuola durante la pre-adolescenza è collegata all'abbandono scolastico negli anni successivi. Molta evidenza empirica e un crescente numero di studi psicopedagogici e di caso, e di ricerche-azioni rivelano, da un lato, un legame tra questo fenomeno e una precedente fatica, nei singoli drop-out , a terminare la scuola di base ea consolidare le competenze minime di literacy e numeracy , indispensabili per collegare utilmente i percorsi di formazione e inserimento nel mondo del lavoro.La fascia debole della popolazione scolastica che non è caduta fuori prima tende, insomma, a cadere fuori un po' più tardi, con il dispiegarsi della crisi adolescenziale o per motivi ambientali legati agli stili di vita o ad altri fattori cosiddetti “di rischio”. Pesano poi, sempre in modo negativo, le rigidità e la concordanza delle procedure formali (anziché relazionali) nelle agenzie che curano il mercato del lavoro, e che non favoriscono l'incontro tra domanda ed offerta. Pesano anche il mancato o lento adeguamento di scuole o centri professionali alle reali possibilità di occupazione e la mancanza di sbocchi in un territorio determinato e per una specifica formazione:i giovani senza prospettive occupazionali nel ramo nel quale si stanno formando tendono a desistere.Avviene così, per esempio, che dove si era sviluppato un forte settore industriale poi dismesso crescono gli abbandoni negli istituti o nei centri professionali che si formavano per quel settore e che non hanno riconvertito i profili professionali dei percorsi formativi proposti. La fuoriuscita da singole scuole o dal sistema della formazione professionale di singole zone si determina anche dove un settore manifatturiero o di servizi è vitale, ma nelle scuole e nei luoghi della formazione non viene curato l'ammodernamento di contenuti, tecniche, macchinari, e di tutti quegli elementi che rinforzano le richieste di cultura professionale.che dove si era sviluppato un forte settore industriale poi dismesso crescono gli abbandoni negli istituti o nei centri professionali che formavano per quel settore e che non hanno riconvertito i profili professionali dei percorsi formativi proposti. La fuoriuscita da singole scuole o dal sistema della formazione professionale di singole zone si determina anche dove un settore manifatturiero o di servizi è vitale, ma nelle scuole e nei luoghi della formazione non viene curato l'ammodernamento di contenuti, tecniche, macchinari, e di tutti quegli elementi che rinforzano le richieste di cultura professionale.che dove si era sviluppato un forte settore industriale poi dismesso crescono gli abbandoni negli istituti o nei centri professionali che formavano per quel settore e che non hanno riconvertito i profili professionali dei percorsi formativi proposti. La fuoriuscita da singole scuole o dal sistema della formazione professionale di singole zone si determina anche dove un settore manifatturiero o di servizi è vitale, ma nelle scuole e nei luoghi della formazione non viene curato l'ammodernamento di contenuti, tecniche, macchinari, e di tutti quegli elementi che rinforzano le richieste di cultura professionale.
Dall'altro lato, molti studi ed esperienze rivelano anche il carattere fisiologico (e per certi versi quasi necessario) di momenti di scacco o crisi entro i percorsi di vita di un grande numero di giovani persone in crescita, con un esito di interruzione della frequenza scolastica. Il fenomeno va letto dunque con molta cura perché non sempre ha esito negativo. Spesso è un abbandono temporaneo e va riconosciuto come passaggio di “attesa” o “sosta” o “risacca”, indispensabile, appunto, a un riorientamento.
Da questo punto di vista il drop-out va affrancato da una accezione meramente negativa, poiché rappresenta un apprendimento esso stesso, ed entra a far parte dei processi di life long learning - di apprendimento lungo il corso della intera vita. Del resto, la complessità che oggi caratterizza la transizione scuola-apprendimenti-lavoro, in senso spesso bi-univoco, è tale da coprire l'arco intero delle singole vite - così come ci mostrano le ormai diffuse esperienze dei bilanci partecipati di competenze e le biografie di chi lascia precocemente la scuola, che questo libro pure riporta.
Tutti questi fatti dunque evidenziano la necessità di affinare gli strumenti di osservazione e di studio del fenomeno dell'abbandono nei sistemi scolastici del nostro tempo secondo una configurazione capace di cogliere le molteplicità e le differenziazioni, e soprattutto di politiche politiche e dispositivi di contrasto con racconto approccio. In particolare appare sempre più riconosciuta la necessità di fornire a chi si disaffeziona alla scuola in età precoce, o tenta di abbandonarla, nuove opportunità e percorsi di seconda occasione, come quelli che vengono descritti in questo libro, mentre vanno rafforzate le azioni di prevenzione di questa disaffezione (manifestata ad esempio dalle assenze),e di intervento compensativo per ciascun soggetto in difficoltà sulla base del principio di “dare di più” a chi parte svantaggiato o vive una situazione di sofferenza e affaticamento, anche momentanea. Al contempo va riconosciuto, più in là nell'età dei drop-out , la possibilità di scegliere entro un'offerta formativa larga e flessibile dopo momenti di caduta fuori, accogliendo anche il diritto di ciascuno di procedere in modo non lineare, per prove, con la possibilità di ripensamenti, attese, ambivalenze, difficoltà, nuove invenzioni e impegni. Le politiche per il rientro in - il ritorno dentroalla possibilità di formarsi - dovrebbero dunque accogliere programmaticamente il riconoscimento di apprendimenti conquistati fuori dai percorsi codificati e di percorsi svolti solo parte: tutte le esperienze indispensabili, spesso, a un ragazzo in abbandono, per poter trovare la via, aggiustare la propria percezione di cosa voler conoscere e imparare a fare e su quali scelte professionali e umane puntare.
La condizione perché ciò sia davvero possibile, risiede, oggi, nella capacità dei sistemi formativi pubblici di abbandonare il modello lineare, semplice e autoreferenziale, a favore di quello procedurale e complesso. Ciò comporta la responsabilità dei processi reali: farsi sponda effettiva dei percorsi a lungo termine di ogni giovane persona in crescita, mediare tra la persona e la varietà dell'offerta, i moltissimi attori, le agenzie, le opportunità diffuse di apprendimento. Comporta l'accertamento e la validazione delle singole effettive competenze nella loro ricchezza e nei loro limiti, o il suggerire ogni volta soluzioni ulteriori in modi prossimali e comunque realisticamente possibili;implica una continua tenuta della relazione educativa nelle sue modulazioni necessarie, anche di separazione progressiva.
In allegato il libro "Ricomincio da me" a cura di Elena Brighenti
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